È
William Shakespeare il filo conduttore della quinta settimana di PaeSaggi
Teatrali. Dal 27 giugno al 4 luglio
al Binario 7 vanno in scena cinque saggi ispirati alle opere del Bardo
Immortale, affrontate con approcci e finalità differenti dagli allievi dei corsi di teatro avanzato.
Scuola delle Arti al teatro Binario 7 di Monza |
Nell’anno
in cui si celebrano i quattro secoli dalla morte, anche La Scuola Delle Arti sceglie di rendere omaggio al grande
drammaturgo inglese dedicandogli cinque serate. Saranno le classi degli allievi
che vantano una pluriennale esperienza teatrale a rievocare la poesia di
Shakespeare portando in scena delle drammaturgie originali ispirate alle sue opere.
Alcuni rimanendo fedeli al testo, altri puntando sulla dissacrazione.
Aprono
la settimana gli allievi del corso di
teatro avanzato tenuto da Fabio
Banfo, lunedì 27 giugno con “Il demone dell’amore”, liberamente
ispirato al Riccardo III. Un testo non facile ma, come spiega Banfo, la scelta
è stata determinata “dalla volontà di far confrontare il corso con un autore
che è la quintessenza del Teatro. I testi shakespeariani offrono infiniti
spunti sulla psicologia, sulle passioni, sulle dinamiche di quello strano
animale sociale che è l’uomo. Lavorare sui suoi testi ha significato per gli
allievi immergersi completamente nel mistero dell’Umano, esplorandone a fondo i
lati benigni e quelli maligni”. Dovendo necessariamente decidere su quali
aspetti soffermarsi, la scelta è caduta sulle scene d’amore, “perché l’amore è
il sentimento più assoluto, ed è quello con più sfumature, con più aspetti
contrastanti”. Ciò ha permesso agli allievi di confrontarsi con una delle
strutture fondamentali del teatro: il dialogo. “L’approccio”, prosegue Banfo, “è
stato il più realistico possibile perché Shakespeare è parola incarnata, e
volevo che i ragazzi provassero l’esperienza di calarsi in un personaggio, far
diventare corpo le sue parole, senza orpelli registici”.
Venerdì 1 luglio gli allievi del corso di teatro avanzato, guidati da Luca Spadaro, si confronteranno con la
tragedia più celebre e rappresentata al mondo, portando in scena “Metodo e follia. Quasi un Amleto”. “Abbiamo scelto di giocare con la tragedia
shakespeariana in cui si parla della follia e dell’attore, che abbiamo analizzato
come fosse un caso clinico: il suo modo di muoversi, di parlare, di reagire
alla luce e ai suoni”. Perché il confine tra follia e teatro è labile. Prima di
salire sul palco, infatti, “si ricorre a sessioni di riscaldamento, esercizi e
improvvisazioni, ovvero ad attività in cui le persone devono fare cose strane.
L'attore è anche questo: un corpo che si deforma alla ricerca di un'immagine,
una voce che esegue suoni apparentemente insensati”. E quale opera, se non
l’Amleto, permette di indagare tutti questi aspetti? Secondo Spadaro “lavorare
su un testo di Shakespeare vuol dire lavorare su una storia che ne ha generate
molte altre. Lavorare sull'Amleto ha significato per gli allievi confrontarsi
con altri testi che dall'Amleto discendono, mettendosi alla prova su generi e
stili tra loro differenti”.
Sarà
invece compito degli allievi di teatro comico riuscire a dissacrare il feticcio
Shakespeare.
Martedì 28 giugno tocca agli allievi del corso avanzato di teatro comico di Barbara Bertato, che con “Siamo tutti un po’ Romeo” hanno riletto in chiave contemporanea la più celebre e tormentata storia d’amore di tutti i tempi riuscendo a trovare il meccanismo comico che permette di ridere anche di ciò che all’apparenza comico non è. Un testo che Bertato ha scelto perché “Romeo e Giulietta mi ha sempre strappato un sorriso, forse nel tentativo molto umano di ridere delle peggiori disgrazie per non sentirsi completamente impotenti di fronte ad esse. Così ho immaginato quelle gradazioni diverse, quella maggior o minor grazia, quegli uomini e quelle donne che nel profondo custodiscono una Giulietta o un Romeo anche senza saperlo. Del resto, non siamo forse tutti un po’ come Romeo? Capaci di amare, odiare, credere nel destino, combattere? Magari con gradazioni di intensità differenti, con più o meno grazia, con più o meno consapevolezza”.
Martedì 28 giugno tocca agli allievi del corso avanzato di teatro comico di Barbara Bertato, che con “Siamo tutti un po’ Romeo” hanno riletto in chiave contemporanea la più celebre e tormentata storia d’amore di tutti i tempi riuscendo a trovare il meccanismo comico che permette di ridere anche di ciò che all’apparenza comico non è. Un testo che Bertato ha scelto perché “Romeo e Giulietta mi ha sempre strappato un sorriso, forse nel tentativo molto umano di ridere delle peggiori disgrazie per non sentirsi completamente impotenti di fronte ad esse. Così ho immaginato quelle gradazioni diverse, quella maggior o minor grazia, quegli uomini e quelle donne che nel profondo custodiscono una Giulietta o un Romeo anche senza saperlo. Del resto, non siamo forse tutti un po’ come Romeo? Capaci di amare, odiare, credere nel destino, combattere? Magari con gradazioni di intensità differenti, con più o meno grazia, con più o meno consapevolezza”.
Una
chiave di lettura simile è alla base di “E
se poi Shakespeare ci dà buca?”, saggio del Laboratorio Shakespeare tritato tenuto da Alfredo Colina, in scena sabato
2 luglio. In scena vedremo degli sketch ispirati a diverse opere in cui
personaggi, situazioni e atmosfere saranno completamente rivisitate in chiave
demistificatoria.
Chiudono
la settimana, lunedì 4 luglio, gli
allievi del Laboratorio tragicomico di
teatro popolare con “Amleto ovvero
c’è del marcio un po’ ovunque”. Per il docente Massimiliano Loizzi qui l’Amleto diventa “un canovaccio sul quale
riscrivere e adattare all'oggi gran parte della trama e del finale”. Non sarà
quindi un lavoro fedele all’originale. “Siamo ad uno sposalizio dai colori
gitani e tutto avviene in unità di spazio e tempo, al cui centro si colloca una
grande tavolata intorno alla quale si svolgeranno i fatti che si andranno a
raccontare”. Un saggio corale, che ha visto gli allievi lavorare tutti insieme
da attori, registi e drammaturghi. “Sarà occasione per parlare dell'attuale,
facendolo con l'arma della satira e della risata, mai però fine a se stessa”,
conclude Loizzi, che ha fatto di tale approccio al teatro il suo marchio di
fabbrica.
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